Ad esse potranno partecipare professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi anche comunitari ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche per finalità di investimento, senza alcun divieto per tali soci di partecipare agli organi di amministrazione della società. Naturalmente l’esecuzione dell'incarico professionale conferito alla società può essere eseguito solo dai soci professionisti. La denominazione sociale deve contenere l’indicazione di società tra professionisti. La partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti. I professionisti soci sono tenuti all'osservanza del codice deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell'ordine al quale risulti iscritta. Interessante il limite del decreto attuativo alla sola disciplina del conferimento dell’incarico ed agli aspetti deontologici, scongiurando il rischio di far finire su un binario morto l’importante innovazione, al pari della prima analoga riforma introdotta da Bersani nel 1997 e mai attuata. Molti i vantaggi. I professionisti italiani potranno sperimentare sinergie e multidisciplinarietà per contrastare la concorrenza esercitata da soggetti professionali stabiliti in altri Paesi UE ben più attrezzati sul piano delle disponibilità finanziarie e strumentali. In area OCSE il nostro è l’unico paese dove vige un divieto risalente all’epoca fascista che, nei fatti, compromette gravemente le possibilità di sviluppo del comparto professionale e la conseguente capacità di competere con “studi stranieri” che possono esercitare l’attività in Italia e che nei paesi d’origine hanno strutture da multinazionale con migliaia di professionisti. Liberare il mercato in tal senso comporta sicuri vantaggi in termini di qualità del servizio, competitività internazionale e opportunità per i giovani professionisti, i quali, avrebbero possibilità di lavoro qualificato senza dover sottostare alle attuali logiche di clientela e di appartenenza per poter entrare in strutture di dimensioni importanti ed interessarsi di problematiche significative. L’esistenza stessa di società professionali introdurrebbe significative dinamiche meritocratiche già nella fase della selezione di giovani bravi e garantirebbe una elevata mobilità di questi ultimi, più propensi a cambiare struttura alla presenza di migliori occasioni. Superando il nanismo che contraddistingue il comparto e la convinzione - errata – di poter fare tutto da soli. Non è più il tempo dell’avvocato e del commercialista generalista. Occorrono specializzazioni sempre più spinte ed integrazione delle attività, anche interprofessionali per poter fornire all’utenza prestazioni professionali sempre più complesse ed articolate. Con le società tutto questo sarà più facilmente realizzabile. Feroci le critiche sull’eliminazione dei limiti dapprima posti ai soci di capitale in ordine alla partecipazione maggioritaria ed agli organi di amministrazione. Si profilano due rischi. Il primo di assistere alla nascita di stp con professionisti totalmente subalterni agli investitori, con pesanti ripercussioni sull’indipendenza. Il secondo legato agli abusi cui un sistema del genere si presta per professionisti con pochi scrupoli che potranno agevolmente aggirare norme fiscali e previdenziali facendosi schermo di società con quote maggioritarie fittiziamente intestate a parenti ed affini.